Autore: odotinteri

  • La Cina

    Quanto non ti conosco Cina mia

    CINA, quanto non ti CONOSCO

    Forse, non tutti i mali vengono per nuocere. Questa quarantena mi ha dato il tempo di leggere e studiare tante cose che mi hanno particolarmente interessato. Siccome si parla della Cina sono andato a curiosare in quel popolo e in quei luoghi. Mi sono reso conto quanto poco conoscessi ed ancora ignoro. Nel passato mi ero interessato per motivi culturali inerenti il mio lavoro, all’arte Cinese. Mi pareva di averne un’idea plausibile e sufficiente ed ora mi rendo conto che tanta fosse la presunzione di sapere nonostante l’ignoranza. Ho cominciato a vedere che cosa succede nel mondo dell’arte di oggi. La premessa è che già a New York avevo capito quale fosse la portata degli artisti cinesi nel mondo. Tanti di costoro che avevano già avuto grande successo, avevano lasciato gli Usa e l’Europa ed erano rientrati in patria. Quella patria che qualche decennio prima avevano lasciato o addirittura erano scappati perché assediati dal regima comunista di allora. In Cina costoro hanno aperto luoghi di cultura e grandi gallerie che hanno contatti col mondo intero, soprattutto arabo, dove possono realizzare, pagati a peso d’oro, i loro progetti. Esistono addirittura città dove vivono solo artisti che ormai hanno la possibilità di realizzare anche ciò che sembra impossibile, data la capacità economica che hanno raggiunto. Noi Europei siamo dei piccoli sognatori senza speranza. Spesso ci riempiamo la bocca raccontandoci, come masturbatori la storia passata. Una volta, tanto tempo fa, c’era la Chiesa che ci permetteva di toccare la storia. Io sono già dei fortunati che qualcosa faccio, ma non abbiamo più da eseguire, come artisti, grandi opere pubbliche. C’è sempre speranza di superare gli ostacoli ma sono avvenimenti rari. Gli artisti cinesi hanno altre prospettive. La Cina è la nazione più popolosa anche se non la più grande come espansione territoriale. Tanto è, che l’alba che sorge alle sei in un punto, sorge alle 10 in un altro, anche se il fuso orario della nuova era, è unico. Le etnie sono molteplici e la lingua cinese mandarino è la lingua ufficiale, anche se esistono molte differenze di scrittura nelle diverse parti della nazione. Esistono anche diverse religioni e nessuna è di stato. Anche il Cristianesimo che è una delle meno diffuse ha più aderenti che in Italia. Conta 53 milioni di fedeli. Le differenze di vita sono, come è facile pensare, parecchie. Esistono, a quanto pare, 100 milioni di poveri che vivono con poco, ma non chiedono l’elemosina, e più di 2000 plurimiliardari e decine e forse centinaia di migliaia di plurimilionari. Sono la seconda potenza economica finanziaria, ma per tanti esperti sono sottovalutati. Ma non voglio affrontare questi argomenti che mi porterebbero molto lontano pericolosamente. Voglio divertirmi a raccontare ciò che mi ha incuriosito.

    La cucina cinese è sicuramente la più diffusa al mondo ed a parere di tanti la più ricca e varia. Specialmente nel passato, utilizzano i prodotti della stagione e del luogo. La cucina è molto varia e curata con maniacale attenzione. Per consumare il cibo si usano miliardi di bacchette al giorno. Per tradizione, i mercati vendono animali, insetti e pesci vivi di tutte le specie. I ristoranti più importanti sono in grado di offrire anguille, serpenti pesci ed alcuni animali vivi che preparano al momento. Hanno conservato il desiderio di mangiare il pesce vivo, ovvero appena pescato come facciamo noi con le aragoste, le anguille i frutti di mare, le lumache di mare e di terra che vogliamo cotti da vivi. Da ragazzo a Pasqua in Sardegna, andavamo a comprare l’agnello, il porcetto o la gallina viva.

    Quando si pensa al cibo cinese si ricordano gli spaghetti, che fanno al momento in maniera teatrale e cuociono all’istante. Il gelato è stato inventato 4000 anni fa mettendo assieme latte, riso e neve. Si dice che i cinesi sono schiavi del lavoro e forse è vero, ma per i loro capodanno fanno vacanza per quindici giorni. Negli anni passati ogni coppia poteva avere un solo figlio, ora è cambiata la situazione ma la natalità è sempre stata controllata. Se liberi da regole, per una certa credenza religiosa, la quale dice che il sesso è avvicinamento al Dio, i figli sarebbero tanti. Col calendario, anche nel passato più remoto, avevano delle regole conosciute anche in Europa per limitare le gravidanze. Si sposano giovanissimi e le ragazze cercano ancora oggi di arrivare illibate al matrimonio, previa operazione che ricostruisce la verginità, pratica molto diffusa. Le spose indossano rigorosamente abiti rossi considerato, questo colore, simbolo della gioia e della fortuna. Da fidanzati portano la vera, che ripongono in un cassetto della loro casa, il giorno dopo il matrimonio. La civiltà cinese risale a 6000.anni fa ed è la più continuativa, ovvero ha documenti storici di ogni suo periodo che permette di leggere i cambiamenti.

    Per quanto riguarda la medicina e la conoscenza del corpo umano i cinesi sono stati i primi a sapere che il sangue circola nelle vene, esattamente 3600 anni fa, ovvero duemila prima di Harvey 1628 La medicina cinese costituisce un vasto capitolo di conoscenze seguite in parte ancora oggi da tanta gente. Il medico si fa pagare quando sei sano e non quanto sei malato perché la colpa del tuo malessere è sua. Costoro nell’undicesimo secolo a. C. avevano conosciuto lo 0, i numeri, decimali e binari, la geometria, trigonometria e l’algebra. Sono i primi ad aver usato gas ed armi chimiche addirittura 2000 anni prima della seconda guerra mondiale. Ma anche gli aquiloni per spaventare il nemico. A quanto pare hanno anche scoperto la polvere da sparo che però veniva utilizza per i fuochi d’artifizio, di cui vanno matti. La muraglia cinese lunga 8850 km è l’opera più grande fatta dagli uomini. La città proibita, non scherza, ha 9000 stanze. La rete ferroviaria potrebbe fare, abbondantemente, due volte il giro del pianeta.

    Oggi sono avanti nella tecnologia e depositari di una produzione che non ha concorrenza.

    Le città sono grandissime ed hanno una organizzazione avveniristica. La scuola delle grandi città è la più avanzata. Già nella scuola primaria si deve studiare almeno una lingua straniera, praticare uno sport, una disciplina artistica e leggere almeno un libro a settimana e raccontarlo in un diario. Inoltre vengono agevolati viaggi e visita ai musei. Considerando che nel passato la scolarizzazione era molto scarsa, il salto non è da poco. Esistono anche gli smart phone addicted, strade per coloro che camminano col cellulare in mano.

     In Cina vivono quasi un miliardo e mezzo di persone. Ci sono decine di etnie diverse e lingue che spesso fanno fatica a comprendersi fra di loro. Tendono, nelle grandi città, al sincretismo linguistico e finanche religioso. Al tempo di Mao gli intellettuali scappavano perché mal sopportavano il regime dittatoriale Era come in Italia al tempo del Fascismo. Ora tendono a ritornare anche se non sono contenti di tante leggi che governano il Paese. Secondo tanti, se non sei in buoni rapporti col partito che detta legge, corri il rischio di gravi pericoli. Non è come in Italia che la legge è uguale per tutti. I Cinesi che ancora Tendono ad emigrare, sono in parte parenti di chi risiede già fuori o per bisiness agevolato da necessita di esportazione e commercializzazione del Made in Cina. Ma anche in Cina ci sono i poveri, gli sfortunati che non riescono ad inserirsi. Esiste la Maffia, la Corruzione, la Prostituzione organizzata e tante altre amenità compresa la pena di morte molto esercitata. Non è tutto oro quelle che luce. Ed i giovani cominciano a reclamare diritti trascurati dal regime.

     La Cina è vicina ed io sono un ignorante senza pudore

    Se in Italia, l’intelligenza, l’impegno e la capacità previsionale delle Mafie, utilizzata a fin di male, fosse dei nostri uomini politici, usata a fin di bene, la nostra nazione sarebbe un miracolo di bellezza, felicità e fortuna.

  • CONFESSO

    CONFESSO.

    Sono spaventato ed arrabbiato quando sento dire che i loro animali sono meglio degli uomini.

    Sono spaventato perché non capisco il perché.

     Sicuramente ci saranno delle ragioni.

     Che gli animali non tradiscano, non lo so, e neanche che siano più sinceri. Metto in conto che le delusioni fra gli uomini, non manchino.

    Cerco di capire che ognuno può essere libero di dedicarsi a chi gli aggrada e piace.

    Sono arrabbiato perché temo che qualcosa non funzioni e non comprendo.

     Gli uomini sono quello che sono e se tentassi di classificarli, non credo ci riuscirei. So che esiste la capacità di orientamento ma anche l’amore ed il desiderio di comunione, fra gli uomini.

    Sarà così fra elefanti con elefanti, lupi con lupi, pecore con pecore e così via. Ciò non vuol dire che l’uomo non possa amare il proprio cavallo, il proprio cane.

     C’è anche chi ama il proprio maiale e ci va a letto assieme.

    Non ho nessuna critica da fare e poi, chi sono io, per farla?

    Mi fa arrabbiare escludere gli uomini, in generale.

    Siamo anche noi animali con istinti e ragione, credo.

    A volte abbiamo la pretesa di vantarci di avere anche cuore, che è qualcosa che non so definire. Credo che sia un organo bestiale, ma su ciò sospendo la discussione. Mi sento impreparato.

    Mi azzardo, invece a citare l’amore. Argomento complicato che negli uomini è molto invasivo. Addirittura, considerato, malattia.

    Sono incazzato perché temo che la mancanza di esso ci faccia dire e fare un sacco di stronzate, senza rendercene conto.

    Sono arrabbiato e spaventato perché mi sto arrotolando su un filo che mi ingabbia senza capacità di uscirne.

    Smetto anche di scriverne, altrimenti temo di dare ragione a chi dice che gli animali sono meglio degli uomini.

  • EVENTI

  • La SCULTURA

    La scultura

    Michelangelo non finiva mai le sue sculture. La scultura non è mai finita, per caratteristica e natura. Bisogna avere il coraggio di smettere di lavorarci. Il non finito, a volte, è provvidenziale, conserva un potenziale che da all’osservatore la capacità di attivare la propria fantasia e quindi il mondo che gli appartiene. L’opera deve sempre lasciare aperture potenziali per non porre limiti al suo sviluppo. Ogni volta che osservo una mia scultura in lavorazione, la tentazione è di cambiare qualcosa, che non può essere cambiata perché il togliere non permette variazioni. L’opera è nella massa e la devi trovare togliendo materia. La pietra si consuma nelle tue mani. Togli per trovare ciò che hai in mente di trovare. Naturalmente ci sono avventure che intervengono a modificare l’idea dalla quale eri partito. Lavorare sulla pietra non come lavorare su gesso per fusioni. Il gesso permette pentimenti ed aggiunte. La pietra è sfida, si lamenta ed interviene. E’ capace di esprimere pareri e difficoltà. Ti prende le mani attorcigliandoti i muscoli delle braccia. Ti ruba gli occhi piegandoti la schiena in posizione faticosa. Viene voglia di picchiare per punirla per la sua resistenza allo scalpello consumato. A volte non serve affilare il ferro, bisogna affilare la fantasia. Quando ti rendi conto che la forza del tuo picchiare non serve, devi usare l’intelligenza, che nello sforzo, diventa pigra. Altra cosa è rispettare la materia che tratti, conoscendo bene ciò che può darti. La trachite non è marmo di Carrara appena scavato e non è né tufo né granito, ha le sue regole. Il sorriso su un volto di pietra non è lo stesso nel marmo, è mistero, verità arcaica, fiume che sbriciola le montagne.

    La pietra che uso, può diventare velluto anche quando le intrusioni macchiano la superficie. Scolpire vuol dire anche rubare alla natura per dare oggetto alla tua intuizione. Ciò che vedi nella pietra informe è ciò che la tua fantasia ti permette di vedere. Le pietre a volte, specialmente in Sardegna sono mostri, giganti e ciò che la luce e l’umore del momento ti suggerisce. Nel mio lavoro del momento, sono blocchi standard di cava. Ho poca libertà per i miei discorsi. Devo fare i conti con le misure e le intenzioni. Non si deve vedere, però, la difficoltà del calcolo. Le figure che voglio, devono saltare felici di liberarsi dal blocco. Devono anche muoversi per costringermi a pensare che la loro azione suggerita è evocazione che crea emozione. Quante cose voglio da queste pietre. Quante cose pretendo, che diventino. Non sono sicuro del nostro amore, ma c’è grande stima e complicità.

    La mia intenzione è di ricavare abbracci umani, dando agli abbracci il desiderio di tenerezza. Cavare tenerezza dalle pietre è una avventura da vivere con grande creatività e vaccinati contro le difficoltà. Quando ciò che faccio mi commuoverà, aggiungerò altre aspirazioni, sperando che anche le pietre si commuovano alla mia buona fede. Sto imparando a dialogare con loro, anche incazzandomi. La mia innata immodestia e megalomania subisce freni inattesi. Naturalmente non sono diventato modesto, perché è un lusso, che date le aspettative, non posso concedermi. Diciamo che mi impongono orientamenti salutari per l’economia del lavoro.

    Un uomo piccolo, piccolo con pietre grandi su un ring al cospetto di gente piena di dubbi e miscredente.

    Mi sorge il dubbio di essere un poco pietra. Una pietra che rotola nelle intemperie della vita cercando il sorriso fra le nuvole mosse dal vento di maestro.

  • SIATE CORTESI

    SIATE CORTESI.

    Chiedetemi chi sono. Fatte finta di interessarvi a me. Ditemi che vi interessa sapere che cosa faccio e che cosa penso. Confesso che ho già preparato il discorso. Ho anche provato a ripeterlo di fronte allo specchio della camera da letto. Ero ancora in pigiama e con gli occhi cisposi. Ho tante cose da dire che vi sommergerò di parole. Credo che parlando riesca a capire anch’io chi sono. La vostra reazione sarà la risposta. Mi sono inventato bene, almeno credo. Capisco che dovrei imparare a recitare bene il ruolo che mi son dato. Se siete curiosi, rischiate l’incontro. Non so se l’abito e la circostanza, il luogo, conti, credo di si, come a teatro. Mi piace raccontare che sono nato un giorno di temporale. Il vento entrava dalle finestre sconnesse. Mi pare di ricordare il vento, anche se era di luglio. Quando mia madre mi ha partorito c’era un armadio con uno specchio in quella povera cameretta. Mi sono riconosciuto subito. C’era già tanta luce . La luce del giorno. L’acqua che mi hanno buttato addosso era acqua di mare molto salata. Non so chi cantava, non capivo le parole. Ricordo la musica di canna. Quando son nato io, i pesci della Marinella, sono tutti venuti a riva. Le murene ingoiavano le bisce che trovavano sulla ghiaia bianca. Mi hanno raccontato che i massi della scogliera ballavano tenendosi per mano. Il faro rosso singhiozzava e quello verde non smetteva di girarsi attorno per confondere la vista. Ho cominciato a nuotare prima di camminare. Volevo cercare le monete perdute nel fondale di alghe. Ero convinto che nel mare ci fossero tanti tesori smarriti. Quando non trovavo monete pescavo conchiglie morte, sbiancate dalle correnti e forate dal tempo. Ho imparato presto a farne collane. Chiedetemi come ho vissuto i miei primi cento anni. Ora ho perso il conto. Non sta bene contare gli anni. Gli anni scappano se li seguiamo. I miei anni sono inquieti e diventano cattivi se li osservi da vicino. Ho pascolato fra le nuvole ed munto le stelle per farne sogni entusiasmanti. Al posto delle braccia, i primi anni di vita, avevo le ali . Mi servivano per volare alto nella speranza. Ora si sono atrofizzate e non mi rimane che la fantasia. Mi dicono che un giorno invecchierò anch’io. Per sconfiggere il tempo metterò al collo la collana di conchiglie morte. Per vivere al meglio mi sono inventato il cielo e l’ho colorato come mi aggrada. Ho colorato anche le piante del mio giardino. Impazziscono di gioia se cambio loro il colore. Si divertono. Quando arrivo al mare, anche il mare cambia colore. Mi vuole accontentare, Conosce i miei colori. Per vivere felice ho illuminato tutto con la luce degli occhi. Non mi piacciono le persone che piangono ed ho fatto in maniera che al posto del pianto ci sia sempre il sorriso. Ho dotato tutti coloro che mi stanno accanto di corpi bellissimi, soprattutto delle femmine. Le femmine sono la poesia della mia vita. I loro corpi hanno linee sinuose e musicali, in armonia. Non ditemi che esagero. Vi assicuro che tutto ciò fa parte dell’avventura che voglio . Se avete la bontà di ascoltare vi renderete conto che il reale non esiste, se volete che non esista. Sono nato per sognare e nei sogni so usare la bussola per non sbattere sugli scogli dell’incredulità. Chiedetemi chi sono. Siate cortesi. Voglio parlare di me . Vorrei farmi conoscere, come dico io. Grazie. Siate pazienti. Ascoltate chi parla. Chi ascolta conosce tante vite e meglio la propria.

  • L’ onda cerca lo scoglio

    L’onda cerca lo scoglio.SCRITTI nel TEMPO

    Quando entri nella memoria, qualunque sia il motivo, capita di incontrare sempre, più o meno, le stesse cose. Il tempo non le consuma. Forse, le colora diversamente. Ma sempre in maniera che le possa vedere e sentire bene.

    Io ho un ricordo che vivo sempre in maniera coinvolgente.

    Il mio viso sul ventre di una ragazza.

     Ero già uomo vissuto e lei era giovane di età ma grande come il mondo intero. L’amore era l’aria che respiravo. Il suo corpo era mare e cielo e tutto ciò che di bello esiste in natura. Era cascata di rose in primavera, alba luminosa in mare di smeraldo, musica sublime venuta da lontano per rubare l’anima. Il suo respiro faceva muovere le mie labbra sulla pelle vellutata. Il suo abbandono era la mia condanna a cercare con mani frementi il suo corpo sfidante. Non avevo parole nelle dita confuse in piacere. Ricordo il suo viso dipinto di sogni. Le labbra segnate in tenero sorriso, e gli occhi grandi per farsi specchio della mia emozione. Non ricordo la storia. Sicuramente hanno suonato le campane della cattedrale e anche l’organo delle feste grandi.  Ricordo il piacere nella memoria.

    Appare sempre, nelle occasioni più disparate. Appare a dispetto e si prende il suo spazio. Non so se sono io ad evocarlo. Non so se è il desiderio di tenerezza che spinge all’incontro. Parlare d’amore e del desiderio di esso mi sembra inopportuno.

     Si dice che il vero amore non si dimentica mai. Rimane come misura di confronto.  Sempre, anche se la vita è lunga e tempestosa.

     Ma gli amori bisogna incoraggiarli ed a volte inventarli. Se non si coltivano non crescono, non diventano grandi, sono come i fiori. Non so, se ciò di cui ricordo era un fiore di prato nato spontaneo. Ricordo il profumo ed il piacere di averlo incontrato..

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    Lavoro di ieri, oggi e domani

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