In ogni mio posto di lavoro c’è scritto sulla parete, bene in vista: “La mia vita è un volo di gabbiani che non conosce il mistero del vento”; ora che lavoro al tema dei Vangeli dovrei aggiungere che avrei veramente bisogno di conoscere questo ‘mistero’ per poter volare più alto e più veloce.
La Chiesa Parrocchiale di Palau è stata meta di una lunga sosta che continua e spero continuerà proficuamente; posto sicuro per lavorare e con l’assistenza di un ospite eccezionale come il parroco don Salvatore Matta.
L’avventura, come ogni avventura che si rispetti, ha un inizio vago ed una data incerta: dopo la mostra sui VANGELI presentata nella concattedrale di san Donato a Genova, un gruppo di amici capitò nella mia casa in Sardegna, feci vedere le tavole originali dei Vangeli ed alcuni cartoni relativi agli stessi temi, presagi per opere future.
Decisione ‘acrobatica’ di fare qualcosa in chiesa che doveva essere un piccolo segno iniziale e che poi è diventato un grande impegno, almeno materialmente, dato il grande formato delle opere che convenimmo di eseguire per la Chiesa Parrocchiale di Palau.
Scegliere i temi sui quali muoversi e la ricerca, con l’approvazione ed il conforto del Vescovo di Tempio, p. Paolo Atzei, sono stati momenti tra i più importanti del cammino.
Le nostre proposte, la costante attenzione di don Matta e specialmente il consiglio del Vescovo hanno determinato la scelta finale: tre temi complessi come il Discorso della Montagna, la Crocifissione e morte di Cristo e l’Ascensione.
Da tempo studio questi temi, non senza problematiche intime e … sceniche.
La mia sola ottica non può essere garanzia di buona interpretazione dei testi, soprattutto in vista delle finalità e degli intendimenti della chiesa, che del mio lavoro vuol fare un mezzo di evangelizzazione.
Un altro problema si presenta quando si tenta di inserire queste opere nell’architettura della chiesa, che, come quasi tutte quelle dell’epoca (primi anni ‘60), non ha previsto sviluppi di tal genere.
L’attuale manufatto ha trovato oggetti nell’usuale mercato dell’arredo sacro, che spesso può non brillare per qualità estetica e impatto … spirituale.
Don Matta ha subito dovuto scontrarsi con la dialettica di nuove proposte, a volte annuendo, altre giustificando, altre comprendendo la mia critica non sempre diplomatica.
L’oggettivazione delle nostre intenzioni è diventata, al momento, realtà.
I primi cartoni, in scala esecutiva, hanno richiesto qualche verifica intorno alle idealità sulle quali però c’è stato un immediato accordo e così la pittura, ossia la forma per renderli visibili, è potuta avvenire.
Avevo, inizialmente, pensato ad un grande disegno, sensibile e appena colorato, prendendo spunti dai cartoni che sono sinopie agevolate dal colore; ma, fatto ciò, mi resi conto che la chiesa parrocchiale di Palau, con i suoi grandi volumi, la luminosità e l’ambiente, richiedevano gamme e tonalità diverse da quelle ipotizzate.
Interessato e stimolato dalla cosa affrontai le campiture di colore cercando di aggiungere messaggio a messaggio, con l’esperienza del mestiere e lo studio, appunto, che del colore faccio da sempre.
Crocifissione e Morte di Cristo (720 x 400)
È come una storia, direi la storia, di quel fatidico momento che ‘doveva avvenire’.
Sulla croce centrale un Cristo che accetta l’evento, anche se i polsi ed i piedi sono trafitti dai chiodi, come era scritto.
Accanto al Cristo i due condannati, legati alla croce come era abitudine del tempo. La prospettiva del lavoro è condizionata in quanto protesa ad evidenziare il protagonista della scena.
Il Crocifisso incombe su di noi col significato che gli è proprio: la Croce, la morte, (sebbene in un’ottica nuova e ‘conciliare’).
La Pietà accomuna le tre croci e la folla dipana un racconto necessario a narrare il fatto: la spartizione delle vesti e della tunica da parte dei militari, il rappresentante della legge riflessivo tra la folla. Le pie donne esprimono dolore sentito per la morte di Cristo e le guardie cercano di tenerle a bada.
Dal centro verso destra, Apostoli e discepoli di Cristo, consci dell’avvenimento, anche se con sentito dolore, cominciano a lasciare la scena.
Tutto era scritto e saputo, ma ciò non lascia senza dolore e il Cristo inchiodato alla croce, ma sereno, ormai nella gloria del Padre Suo, commuove gli astanti.
Anche gli altri due condannati hanno i loro parenti sotto le loro croci e qualcuno li interroga e si interroga, mentre la folla che aveva gridato: – Crocifiggi Cristo -, ora viene assalita da interrogativi che si trascinerà per il resto della vita.
Nel dipingere queste scene sono ricorso ad una gestualità che mi sembrava congeniale al caso, senza essere assediato da esibizioni di ‘corretta’ anatomia e rispetto rigoroso dei piani di azione.
Il racconto si sviluppa come un fatto di memoria, antico e sempre nuovo, come quello della morte di Cristo.
l discorso della montagna (310 x 306)
Doveva essere l’opera del Verbo, Cristo come profeta, maestoso e sicuro che parla ad una ‘montagna’ di gente: gente attonita, sconcertata, sorpresa, attenta, ma anche toccata.
Gli Apostoli sono lì per ascoltare il messaggio ricco di quel fuoco che avrebbero dovuto portare alle genti di tutto il mondo: quei 12 apostoli, che seguivano Gesù, situati tutti in primo piano, ciascuno col proprio credo, le proprie ansie ed i propri timori, seppure uomini eletti.
Il paesaggio è da rito, da presagio; morbido il colle, all’alba di un giorno radioso mentre i rami degli alberi senza foglie guadagnano il cielo in attesa di riempirsi di verde.
La luce sullo sfondo è di serenità ed illumina tutti provocando pochissime ombre, senza rompere il candido della veste di Cristo
Via Crucis
Via Crucis | |
Cappella Battistero | |
Cappella della Croce | |
Il tempio della Parola | |
Vetrate |
VIA CRUCIS
Nella prima edizione dei Vangeli da me illustrati ho scritto in prefazione che il mio sogno di giovane artista era di poter eseguire, un giorno, una “Via Crucis”, per una Chiesa.
Questo tema è molto amato, dagli artisti che eseguono opere sacre ma anche da coloro che non intendono impegnarsi, per motivi vari,in lavori del genere. La storia dell’arte,in ogni tempo presenta insigni esempi. Per me, come è facile immaginare, e come ho spesso confessato è il cielo rosso di sera e la buriana inattesa che sconquassa l’aria e l’anima. E’ campo cosparso di fiori teneri e montagna rocciosa e dura da salire. Prova e testimonianza, importante da inseguire col fiato sospeso. Prova, perché l’operatore bravo, deve riuscire a mettersi a servizio di una scrittura, quale è il testo sacro, con saggezza e conoscenza .Testimonianza, perché la sensibilità, educata dalla conoscenza, deve riuscire a comunicare momenti di un percorso ricco di umori universali, e profondamente coinvolgenti.
La “Via Crucis” è una antologia di sentimenti umani. Il compito dell’artista è di coglierli nella loro interezza e rappresentarli con fedele adesione al momento che tratta:La sincerità è d’obbligo.Inutile e dannoso risulta ogni compromesso formale o sotterfugio stilistico.Le decorazioni fine a se stesse sono imperdonabili.Il tema non permette deviazioni di rito o di gioco, ne acrobazie dialettiche meravigliose. Queste premesse sono per me essenziali. La Via Crucis”, di cui parlo,questa mia di Palau, aspira a rubare lo sguardo e l’attenzione di chi la incontra.Un attimo almeno per ogni stazione. Una sosta del pensiero, bloccato per cogliere l’avventura che è nel segno di pietra scarnita. L’ombra che scappa dai piani aggettanti deve sfiorarvi le dita. La passione che si avverte deve graffiare l’animo in preda al messaggio che è nell’aria.Operare per testimoniare un afflato che stringe e costringe. La regola comportamentale, per un artista, non è mai stata scritta,ma è palese che si è complementi di un disegno il cui soggetto è Il Redentore.
Nel tempo, ho osservato con interesse crescente ogni testimonianza che incontro con la speranza di comprenderla e di poterne fare tesoro. Confesso che mi scandalizzo qualche volta, di fronte a certe proposizioni di lavoro inutile ed a volte, oserei dire, blasfemo.Penso che ciò sia un peccato, nel vero senso della parola.Crea confusione, non aiuta nessuno, incoraggia il disimpegno e l’approssimazione.Ho sempre nel cuore le parole di Paolo VI che invita gli artisti a ritornare alla Chiesa perché se la Chiesa ha bisogno degli artisti , anche gli artisti hanno bisogno della Chiesa.Se consideriamo che l’arte nasce principalmente per comunicare le ansie, i timori, come le aspirazioni di conoscenza e la necessità di un conforto superiore, l’adesione al teorema enunciato è d’obbligo.
Quindi una storia senza tempo, come l’uomo ed attuale, come non mai..
Mi auguro di essere riuscito a dire con la pietra che ho segnato, almeno una parte di ciò che vorrei e spererei di comunicare. L’intenzione buona ha sicuramente, governato la mia mano, così, almeno, credo di poter dire.Don Salvatore, mi faccia fede, come amico d’avventura , visto che a lui spesso ho chiesto conforto .
Cappella del Battistero
https://www.youtube.com/watch?v=0FZ_jFs_j2U Battistero di Palau Video
La Cappella del Crocifisso
cappella croce
La mia Cappella del Crocifisso
Quando venne il tempo di pensare alla cappella della croce, sottoponemmo il progetto al parere della commissione diocesana, presieduta dal nostro Vescovo, padre Paolo Atzei.
Si decisero i temi ed i materiali da usare. Nella mia mente e desiderio c’era già la trachite che poteva rispondere alle esigenze di ambientazione corretta, ma anche esauriente in termini di possibilità formali. Devo inoltre confessare l’aspirazione segreta di contribuire a fare affermare una pietra sarda dimenticata, spesso ingiustamente, per moda e cattive abitudini invadenti.
Con don Salvatore, attivo e convinto, riuscimmo nell’intento.
Altro problema era la risoluzione totale della cappella che doveva essere luogo di raccoglimento e riflessione profonda. Venne l’idea delle panchine addossate alle pareti ricurve.
Per la delimitazione ideale dello spazio pensammo agli inginocchiatoi della stessa pietra.
Tutti questi supporti davano adito allo sviluppo di un discorso più vasto che trovava afflato nel racconto della vita di Cristo da presentare sotto la croce. Anche le vetrate a piombo finalmente potevano risolversi entrando nel tema e colorando di luce provvidenziale i passi che intendevamo portare sulla pietra scolpita. Altro pensiero fu la sistemazione della croce di dimensioni invasive per il volume nel quale dovevamo intervenire. Pensai subito ad una pietra di base nella quale infilare la lunga croce.
Riflettei a lungo prima di proporla.
I sardi non sempre amano le pietre, anche se adesso spinti dagli interessi di coloro che vengono da fuori, stanno assumendo un atteggiamento diverso. Don Salvatore colse subito il messaggio, che approfondimmo, per comunicarlo. Devo dire che il compito attento e minuzioso fu suo, come al solito. Dal pulpito la sua voce fendeva la titubanza e le motivazioni espresse convincevano della bontà del progetto.
Da qualche parte, ho già scritto: – Le pietre in Sardegna sono testimoni di una storia senza fine. Sono mani in preghiera e corpi toccati da furie celesti. Sono spesso monumenti che hanno rubato fantasia a mano d’artista per farsi miracolo che guadagnano spazio.
Sono sorpresa, quando rompono l’onda di smeraldo per prendere cielo di giada. Le pietre in Sardegna sono libri aperti, da leggere con grande pazienza. –
In questo caso la pietra, tolta alla campagna e portata in chiesa, deve farsi culla di un sentimento universale e vivo. Deve reggere la croce come testimonianza di fede. La povera e nuda pietra di Gallura deve diventare simulacro. Finalmente recupera la sua antica attitudine ad essere ara in un luogo di culto così importante e vicino al luogo dove la natura imponente l’ha collocata. L’idea divenne realtà e fu preparata al compito assegnatole, con amore e devozione.
Ora, dà buona prova di sé, tenendo la voce bassa, anche se lo sguardo è fiero.
Così è, se vi pare.